Depurazione delle acque reflue: gravi ritardi da parte dei Gestori e disattenzione da parte dei Comuni

Depurazione delle acque reflue: gravi ritardi da parte dei Gestori e disattenzione da parte dei Comuni.

Le Marche sono state sottoposte negli anni a ben quattro procedure di infrazione per l’insufficiente depurazione delle acque reflue, di cui le prime due hanno già determinato salatissime multe. Gravi sono le responsabilità dei gestori della risorsa idrica, e la negligenza dimostrata dalle ATO provinciali, la cui lentezza operativa ha costretto la Regione ad anticipare oltre 30 milioni di euro per accelerare i lavori di adeguamento degli impianti, di cui 27 ancora non sono conformi, per un costo di quasi 80 milioni di euro di cui 9 ancora da reperire.

Ma addentriamoci in questo complesso problema. Tutti noi apriamo tranquillamente il rubinetto di casa da cui scorre acqua pura, che vediamo scomparire nello scarico, dando per scontato che il sistema idrico integrato funzioni a dovere, ma non è così. In questi anni ho a più riprese denunciato i rischi di una cattiva gestione di approvvigionamento da acque profonde non adeguatamente studiate, ogni volta che il pozzo profondo del Burano, a Cagli, viene messo in funzione per le ormai troppo frequenti crisi idriche dovute ai mesi siccitosi provocati dagli ormai incontestabili effetti dei cambiamenti climatici. Ma oltre ai problemi di approvvigionamento, nella nostra provincia acuiti dall’utilizzo di acque superficiali (di fiume) potabilizzate ed immesse negli acquedotti, il sistema soffre di gravi problemi anche nella depurazione delle acque reflue: problemi che ci trasciniamo da decenni, viste le ripetute infrazioni europee a cui siamo periodicamente sottoposti. Non depurare adeguatamente le acque di scarico e poi berle dai nostri rubinetti dopo averle potabilizzate, sembra una procedura masochista e sicuramente non corretta per quanto riguarda la tutela della salute e dell’ambiente.

Nella nostra provincia infatti il 80% delle acque potabili deriva dalla potabilizzazione delle acque superficiali mediante il trattamento effettuato in 8 impianti che prelevano appunto l’acqua dai fiumi. Viceversa la depurazione delle acque usate avviene mediante 113 depuratori. Gli impianti sono gestiti dai due gestori Marche Multiservizi ed Aset.

Per approfondire questa problematica avevo presentato una interrogazione (Interrogazione 837/19), a cui alcune settimane fa ho ricevuto una risposta alquanto preoccupante.

Una vecchia direttiva europea risalente all’inizio degli anni ’90 chiedeva l’adeguamento di conformità entro il 2015, ma l’Italia, Marche e provincia di Pesaro-Urbino comprese, sono state cronicamente in ritardo nell’attuarla. Infatti nel 2004 è stata avviata la prima procedura di infrazione da parte della Commissione Europea, seguita da una seconda nel 2009, in cui era contestata la non conformità per gli agglomerati di Pesaro-Urbino, ne è stata aperta una terza nel 2014 (nelle Marche erano 46 gli agglomerati non conformi), ed infine una quarta nel 2018. Per le prime due infrazioni è già stata decisa una sanzione che come cittadini prima o poi saremo chiamati a pagare (gli importi sembrano ancora non determinati, ma ci si aspetta che ammontino a svariati milioni di euro).

In questi lunghi anni i gestori del servizio idrico hanno negligentemente ritardato progettazione e realizzazione degli interventi di adeguamento degli impianti, basti pensare che tre interventi relativi all’infrazione del 2009 saranno terminati nel 2021. Del resto gli importi dedicati al settore della depurazione presenti nella tariffa che i cittadini pagano, sono troppo bassi (!) e consentirebbero il rimborso delle spese nel 2026, troppo tardi per scongiurare nuove multe provenienti dall’Europa. Constatata la male parata, la Regione è stata costretta a più riprese ad anticipare milioni di euro per accelerare la realizzazione dei lavori, per un importo complessivo che supera i 30 milioni di euro.

Attualmente nelle Marche, in seguito ai lavori eseguiti finora, sono presenti ancora 27 agglomerati non conformi, per i quali sono previsti 55 interventi di adeguamento, per un costo complessivo di 79 milioni la cui copertura è in prevalenza assicurata dalla tariffa che paghiamo come cittadini. In questa situazione, per ridurre i tempi di realizzazione, la Regione potrebbe essere chiamata ad anticipare ulteriori 9 milioni.

Riassumendo: non depuriamo a dovere le nostre acque di scarico civile che, defluite tramite le fogne nei fiumi, potabilizziamo per poterle bere; la troppa lentezza con cui adeguiamo gli impianti di trattamento provoca multe da parte dell’Europa, che dovremmo pagare; gli importi tariffari dedicati alla depurazione sono troppo bassi e non ripagano velocemente i necessari lavori di adeguamento che occorre svolgere, costringendo la Regione ad anticipare decine di milioni di finanziamento, sottratte magari ad interventi nel settore del sociale; i Comuni non sollevano verso l’ATO responsabile del servizio idrico nessun problema perché “aumentare le tasse” sarebbe un suicidio politico. In questa spirale perversa, però, stiamo spendendo soldi per lavori e multe, e stiamo mettendo a repentaglio la nostra salute e l’ambiente in cui viviamo. Occorre una presa di coscienza ed un’azione politica nuova, che costringa i Comuni ad agire con velocità e fermezza tramite l’ATO sui gestori, in modo da risparmiare soldi e preservare la nostra salute. Occorre che i gestori, anziché aumentare il valore dei dividendi da ripartire agli azionisti investano gli utili nella veloce realizzazione dei lavori.

Ecco la risposta ricevuta all’interrogazione.

risposta interrogaz. acque depurazione 1

risposta interrogaz. acque depurazione 2

risposta interrogaz. acque depurazione 3

A suo tempo avevo sollevato domande circa la mancata realizzazione dell’impianto di depurazione delle acque per la frazione di Schieti. Poi si è scoperto che i soldi del depuratore erano stati “convertiti” per le fognature.

Ecco gli articoli apparsi sulla stampa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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