Covid-19: emergenza sanitaria da gestire con parametri militari

Covid-19: emergenza sanitaria da gestire con parametri militari. La sanità è un settore strategico primario, come la difesa. Una pandemia può essere affrontata localmente e globalmente con metodi simili a quelli militari, del resto l’utilizzo dell’esercito si è ben presto reso necessario.

In primis occorre una chiara individuazione di nemici ed alleati. In una pandemia gli eserciti che si contrappongono sono virus ed uomo, ma abbiamo riscontrato comportamenti contraddittori da parte di diversi leader: Trump vs Xi Jinping, chiusure di frontiere, blocco nel trasporto di merci, Lagarde vs Mattarella, posizioni isolate come quella di Boris Johnson. Poiché la pandemia è una emergenza globale, non è possibile lasciare a differenti sensibilità politiche l’adozione di divergenti provvedimenti, poiché un errore in tal senso ha ripercussioni globali. Un nemico unico va combattuto con un unico ed unito esercito.

La tipologia di organizzazione militare prevede un esercito, che nel nostro caso è composto da medici/infermieri/personale sanitario e che abbiamo purtroppo constatato essere in numero insufficiente. Le armi sono gli ospedali, soprattutto dotati di posti letto di terapia intensiva, insufficienti anche questi, soprattutto per mancanza di ventilatori polmonari. Le munizioni sono i protocolli di terapia, i farmaci e i vaccini, che, essendo il Covid-19 un virus “nuovo”, non sono ad ora disponibili. L’equipaggiamento sono i dispositivi di protezione individuale (DPI) quali mascherine, occhiali, visiere, tute, guanti, disinfettanti, le cui scorte (arsenali/depositi) abbiamo riscontrato essere gravemente insufficienti per numero e difficilmente approvvigionabili in tempi utili. La catena di comando sono il governo, le regioni, i comuni, le prefetture; abbiamo assistito per questo aspetto a tentennamenti e comportamenti contraddittori, il caso marchigiano ne è un esempio emblematico: il sindaco di Urbino (Maurizio Gambini) ha anticipato la chiusura delle scuole nel territorio comunale, rispetto all’ordinanza regionale, che a sua volta ha anticipato quella nazionale, il tutto tra polemiche ed incertezze dell’ultim’ora, contemporaneamente il sindaco di Pesaro (Matteo Ricci) ed il pro-sindaco di Urbino (Vittorio Sgarbi) minimizzavano e contestavano le misure restrittive intraprese ed il TAR impugnava l’ordinanza regionale; nel resto d’Italia alcuni governatori e leader politici prendevano posizioni contrastanti e conflittuali (vedi Luca Zaia o Matteo Salvini). La velocità di reazione e spostamento nel nostro caso consiste nella capacità di spostare personale ed attrezzature in tempo utile dove servono, poiché il progredire sul territorio del contagio è differenziato. La flessibilità del sistema si concretizza nel ristrutturare internamente gli ospedali (spazi e personale) per far fronte alle nuove e massicce esigenze di cura, nel realizzare nuove strutture in tempi brevissimi. Le procedure definite-conosciute-provate sono costituite dai vari Piani Pandemici il cui aggiornamento e coordinamento dovrà sensibilmente migliorare. I riservisti sono i volontari della Protezione Civile, e poiché questa tipologia di emergenza è diversa da un terremoto o alluvione, deve essere affrontata con equipaggiamento ed addestramento specifici, ad oggi probabilmente non sufficientemente messi a punto. La collaborazione da parte dei civili è fondamentale anche in questo caso, ma i cittadini possono efficacemente collaborare solo se sono stati adeguatamente informati e sensibilizzati sul problema; le fughe nord-sud a cui abbiamo assistito ne sono la triste contro-prova.

Questa esperienza ci deve insegnare a ristrutturare profondamente la sanità, riportandola al livello strategico per l’intera società, aspetto che negli ultimi decenni è stato trascurato.

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